Decreto di esproprio ed usucapione
La Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza in commento evidenzia che sussiste sul punto un contrasto giurisprudenziale che legittima la rimessione dei ricorsi al Primo Presidente per l’adozione dei conseguenti provvedimenti ai fini della risoluzione del contrasto sulla questione oggetto del suo esame.
In particolare un primo orientamento giurisprudenziale ritiene che a seguito della notifica (o, in ogni caso, dell’avvenuta conoscenza) del decreto di espropriazione per pubblica utilità, consegue, in modo automatico, la perdita dell’animus possidendi in capo all’occupante (Cass. n. 12023/2004, Cass. n. 13669/2007, Cass. n. 17172/2008, Cass. n. 6742/2014, Cass. n. 12230/2016 e Cass. n. 23850/2018). Si è sostenuto, al riguardo, che il soggetto, il quale si trovi nella relazione con il bene al momento in cui gli viene notificato il decreto di espropriazione per pubblica utilità, non potrebbe non acquisire la consapevolezza dell’alienità dello stesso e della impossibilità di farne uso come proprio, anche se, provvisoriamente, dovesse restare nella sua disponibilità materiale. Pertanto, la configurabilità di un nuovo periodo possessorio, invocabile “ad usucapionem”, a favore di chi rimanga nel rapporto materiale con il bene, dovrebbe essere necessariamente rimesso ad un esplicito atto di “interversio possessionis”, opponibile all’ente proprietario. Tale orientamento afferma che l’acquisto della proprietà da parte dell’espropriante o del beneficiario dell’espropriazione avvenga a titolo originario, con la pienezza dovuta all’esigenza di disporre del bene al fine di realizzarvi la prevista opera di pubblica utilità, per cui la res transita nel patrimonio indisponibile dell’ente, almeno per tutto il tempo necessario al compimento dei lavori per la realizzazione di detta opera. Si osserva, al riguardo, che la L. n. 2359 del 1865, art. 52, (poi sostituito dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 25), in base al quale le azioni a difesa della proprietà o dei diritti reali non impediscono il riconoscimento del diritto all’indennità, dispone infatti l’estinzione dei diritti incompatibili con l’acquisto a titolo originario da parte dell’espropriante o del beneficiario dell’espropriazione, escludendo che assumano rilievo eventuali situazioni di fatto in contrasto con esso, come il possesso, il quale, sia pure solo animo, è conseguito dall’espropriante o dal terzo beneficiario al momento dell’emanazione del decreto di espropriazione.
Un secondo orientamento giurisprudenziale, invece, ritiene che in caso di espropriazione per pubblica utilità il trasferimento coattivo di un bene non integra necessariamente gli estremi del “constitutum possessorium”, trasferendosi il diritto di proprietà in capo all’ente espropriante contro la volontà dell’espropriato/possessore, senza che nessun accordo intervenga fra questi e lo stesso espropriante, né in relazione alla proprietà né in relazione al possesso (Cass. n. 13558/1999, Cass. n. 5293/2000, Cass. n. 25594/2013 e Cass. n. 5996/2014). Secondo l’indirizzo giurisprudenziale in esame, deve ritenersi che il decreto di espropriazione, non seguito da alcun atto della P.A. espropriante di materiale apprensione del bene costituentene l’oggetto, non è idoneo, di per sé, a determinare l’estinzione delle situazioni di fatto in atto sul bene e, quindi, in caso di comprovato possesso ultraventennale esercitato da un privato secondo i requisiti oggettivi e soggettivi ricondotti univocamente all’interpretazione dell’art. 1158 c.c., sarebbe possibile l’acquisto, da parte dello stesso, del corrispondente diritto reale per usucapione. La dottrina (a dire il vero non diffusa sulla questione) si mostra essenzialmente concorde con l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità appena esposto, evidenziando che, se a seguito dell’emanazione di un decreto di espropriazione per pubblica utilità, non sia stato dato atto ad alcuna immissione in possesso da parte dell’ente espropriante, rimanendo il bene oggetto di ablazione nella disponibilità materiale dell’occupante, la res rimane nel patrimonio disponibile ed è assoggettata al relativo regime, con la conseguenza che, se gli espropriati rimangono nel suo possesso continuato per almeno venti anni, acquistano la sua proprietà a titolo originario per effetto dell’intervenuta usucapione.