Modalità partecipativa dei privati ed efficacia del vincolo

In tema di espropriazione per pubblica utilità, in forza di quanto previsto dagli artt. 11 e 16 del d.p.r. n. 327/2001, al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all’esproprio deve essere inviato l’avviso di avvio del procedimento e del deposito degli atti volti a promuovere l’adozione dell’atto dichiarativo di pubblica utilità, con l’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento. Pertanto, il mancato assolvimento del duplice obbligo di comunicazione implica l’illegittimità dell’atto dichiarativo della pubblica utilità e degli altri atti successivi, a nulla rilevando che l’interessato abbia avuto comunque conoscenza del procedimento, dato che le esigenze partecipative alla base dell’obbligo di comunicazione non possono essere ritenute soddisfatte da una generica conoscenza dell’esistenza di un procedimento espropriativo, essendo necessario, per escludere la rilevanza dell’omissione della comunicazione di avvio, una precisa conoscenza dell’andamento del procedimento e dell’oggetto di esso (T.A.R. Catanzaro, sez. II, 4.10.2016, n. 1914, Redazione Giuffrè amministrativo 2016).

In tema di espropriazione per pubblica utilità l’avviso di cui all’art. 11 del d.P.R. n. 327/2001 deve contenere, per essere legittimo, l’indicazione delle particelle e dei nominativi, quali indefettibili elementi diretti ad individuare i soggetti espropriandi ed i beni oggetto del procedimento amministrativo, avendo lo scopo di essere idoneo a garantire l’effettiva conoscenza, di guisa che il proprietario inciso sia posto in grado di optare o meno per la partecipazione procedimentale in chiave difensiva (Cons. St. n. 5480/2017).
Le modalità partecipative previste dall’art. 11 del d.p.r. 327/2001 per il procedimento di apposizione del vincolo espropriativo sono diverse da (e non surrogabili con) quelle previste nel caso di adozione e approvazione del piano regolatore generale e degli strumenti attuativi (T.A.R. Torino, Piemonte, sez. I, 9.1.2017, n. 29, Redazione Giuffrè amm. 2017 ).
Il termine decadenziale per denunciare la violazione delle garanzie procedimentali, che devono precedere l’apposizione del vincolo espropriativo, decorre dal momento in cui l’interessato viene effettivamente a conoscenza dell’atto appositivo, poiché solo da questo momento egli è posto in grado di verificare adeguatamente, ed eventualmente contrastare l’idoneità, a termini di legge, delle modalità di partecipazione seguite dall’Amministrazione.
La decadenza del vincolo espropriativo non esclude, quanto meno in astratto, che l’Amministrazione pubblica possa reiterare lo stesso vincolo, ma il provvedimento, che proceda in tal senso, deve essere congruamente motivato in ordine alla persistenza delle ragioni di diritto pubblico sottese alla necessità della reiterazione per escludere una inutile perpetuazione della situazione di compressione del diritto del privato (Cons. St., sez. IV, 24.10.2016, n. 4416, Redazione Giuffrè amministrativo 2016).
Il diritto dell’amministrazione di reiterare i vincoli, ma con l’obbligo di indennizzare il privato, è stato affermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999 (che ebbe a dichiarare costituzionalmente illegittimi gli artt. 7, nn. 2, 3 e 4, della legge urbanistica e l’art. 2, primo comma, della legge n. 1187 del 1968, nella parte in cui consentivano all’amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all’espropriazione o che comportassero l’inedificabilità, senza la previsione di indennizzo), per poi essere recepito dal legislatore con l’art. 39 del d.p.r. n. 327 del 2001.
L’inutile decorso del termine di efficacia del vincolo preordinato all’esproprio non rappresenta un illecito omissivo. Nei confronti del proprietario espropriando, l’autorità procedente non ha un obbligo giuridicamente imposto di attuare il vincolo, espropriando i beni ed eseguendo i lavori. Permane infatti intatta la discrezionalità amministrativa in ordine all’esecuzione delle opere di interesse pubblico, sulla base di valutazioni di fattibilità, attualità ed opportunità tecnica ed economica dell’opera (Cons. St., sez. VI. 27.4.2017, n.1941, in Dejure).
Scaduto il vincolo preordinato all’espropriazione, le aree sono sottoposte alla disciplina sostitutiva prevista per le c.d. “zone bianche” (art. 9 del t.u. espr.). Secondo la giurisprudenza consolidata, essendo tale regime transitorio e provvisorio, l’amministrazione comunale ha il dovere di ripianificare l’area. Al proprietario è pertanto riconosciuto un interesse legittimo pretensivo all’adozione di una nuova disciplina urbanistica dell’area, con possibilità quindi di ricorrere, in caso di inerzia, all’azione avverso il silenzio ovvero al risarcimento del danno (derivante dal fatto che l’area, lasciata fuori da qualsiasi pianificazione urbanistica, sia rimasta priva di un effettivo mercato).

 

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