Espropri: criteri di stima e completezza C.T.U. – Cass., Sez. I, 31 luglio 2018, n. 20307

Espropri criteri di stima.

La Cassazione si sofferma nuovamente sui criteri di stima per determinare l’indennità di esproprio e sulla necessità che la C.T.U. sia completa ed indichi chiaramente le fonti su cui si è basata.
Nella fattispecie in esame con l’unico motivo del ricorso principale, il Comune denuncia l’omessa, erronea e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nel recepire la stima effettuata dal c.t.u. in base alla media dei valori determinati con metodo sintetico-comparativo, con metodo analitico e con riferimento alle tabelle pubblicate dall’Agenzia del territorio, la sentenza impugnata non ha considerato che, a fronte delle reiterate contestazioni del ricorrente, il consulente aveva rifiutato d’indicare le fonti da cui aveva attinto i predetti valori, riconoscendo di non aver effettuato ricerche presso gli archivi notarili, ed affermando di essersi limitato ad assumere informazioni presso tecnici ed imprenditori operanti nella zona, dei quali non aveva reso noti i nominativi. Aggiunge che, per effetto dell’istituzione e del continuo aggiornamento della banca dati dell’Agenzia del territorio, il ricorso al metodo sintetico-comparativo ed a quello analitico ha assunto un carattere meramente residuale, non potendosi prescindere, nella valutazione degli immobili, dai valori risultanti dalla predetta banca dati, frutto di un’elaborazione sistematica e generalizzata effettuata con lo stesso metodo un tempo seguito dai singoli consulenti.
Secondo la Suprema Corte il motivo è solo parzialmente fondato.
Ai fini della liquidazione dell’indennità di espropriazione, la sentenza impugnata ha infatti recepito integralmente le conclusioni del c.t.u., il quale, come rilevato dalla Corte distrettuale, aveva determinato il valore del fabbricato espropriato facendo ricorso sia al metodo analitico-ricostruttivo, fondato sulla capitalizzazione del reddito dell’immobile, che al metodo sintetico-comparativo, fondato sul riferimento al prezzo di mercato d’immobili aventi caratteristiche similari ed ubicati nella medesima zona di quello espropriato, e tenendo conto anche dei valori risultanti dalla banca dati dell’Agenzia del territorio.
Il Collegio non condivide, in proposito, l’assunto del Comune, secondo cui la disponibilità dei valori forniti dalla predetta banca dati, gestita dall’Osservatorio del mercato immobiliare istituito con Decreto Ministeriale 23 dicembre 1992, comporta il superamento dei tradizionali metodi di stima, la cui utilizzazione deve ritenersi ormai meramente residuale e sussidiaria, in quanto consentita esclusivamente in assenza di dati disponibili: è noto infatti che le indagini di mercato costituiscono soltanto una parte delle complesse operazioni di stima, nell’ambito delle quali occorre procedere alla valutazione di ulteriori elementi, quali le caratteristiche specifiche dell’immobile, la sua vetustà, il suo stato di conservazione e manutenzione, l’esistenza di eventuali vincoli e tutte le altre circostanze potenzialmente incidenti sulla concreta appetibilità del bene da parte di eventuali acquirenti; tali elementi non sono ovviamente tenuti presenti nella determinazione dei valori inseriti nella banca dati, i quali, costituendo il risultato dell’acquisizione e dell’elaborazione di informazioni di carattere tecnico-economico riguardanti la generalità degl’immobili situati nell’area considerata, si configurano evidentemente come valori medi, e pertanto, nonostante l’accuratezza delle rilevazioni e la provenienza da una fonte particolarmente qualificata, risentono di un’intrinseca astrattezza, che impedisce di porli in via esclusiva a base della stima, senza procedere ad ulteriori verifiche.
In tema di espropriazione per pubblica utilità, lo scopo della stima consiste d’altronde nell’individuazione del più attendibile valore di mercato dell’immobile espropriato, che ai sensi del d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, articoli 36 e segg., costituisce il parametro essenziale per la liquidazione dell’indennità, dovendo quest’ultima rappresentare un effettivo ristoro del sacrificio concretamente imposto al proprietario; a tal fine, nessuno dei metodi di valutazione elaborati dalla scienza estimativa può essere considerato astrattamente prevalente o prioritario rispetto agli altri, dovendo il giudice, e per esso il c.t.u., scegliere il metodo di volta in volta più appropriato alle caratteristiche del bene da stimare ed al contesto in cui è chiamato ad operare, in conformità dei criteri suggeriti dalla letteratura scientifica, e potendo anche procedere al riscontro dei risultati ottenuti attraverso l’applicazione di più criteri diversi, con il solo limite costituito dall’obbligo di motivare convenientemente le proprie conclusioni, sulla base degli elementi acquisiti e delle regole tecniche che disciplinano lo svolgimento di tale attività (cfr. Cass., Sez. 1, 31/03/2016, n. 6243; 22/03/2013, n. 7288; 31/05/2007, n. 12771).
Nella specie, peraltro, il predetto obbligo non può, ritenersi sufficientemente adempiuto, essendosi la Corte distrettuale limitata, nel disattendere le critiche mosse alla relazione di consulenza, a dare atto dell’avvenuta determinazione del valore di mercato dell’immobile espropriato sulla base dei due principali criteri di stima, senza considerare che, come puntualmente eccepito dalla difesa del ricorrente nelle proprie osservazioni, il c.t.u. non aveva adeguatamente giustificato i risultati ottenuti, avendo omesso d’indicare le fonti dei dati utilizzati per la stima, in ordine ai quali aveva genericamente richiamato le informazioni assunte presso non meglio individuati tecnici operanti nella zona. La correttezza del metodo utilizzato non esime infatti il giudice, e per lui l’ausiliario, dal dovere d’indicare i dati obiettivi sui quali ha ritenuto di fondare la propria valutazione, e ciò essenzialmente al fine di consentire un controllo sulla congruità della motivazione, poiché, se è vero che rientra nel potere del c.t.u. attingere aliunde notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, dette indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice soltanto a condizione che ne siano indicate le fonti, in modo da mettere le parti in grado di effettuarne il controllo (cfr. Cass., Sez. 1, 7/10/2016, n. 20232; 28/01/2010, n. 1901; 21/03/2003, n. 4140).

Sentenza

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