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Cassa Depositi e Prestiti

Generalità – Nell’ambito delle procedure espropriative è previsto il deposito delle indennità non accettate presso la Cassa Depositi e Prestiti. Quest’ultima è stata oggetto di riforma con la legge n. 326/2003 ed è stata trasformata in società per azioni divenendo a tutti gli effetti un istituto di credito assoggettato a disciplina del testo unico bancario.

Giudice competente – Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia concernente il diritto degli ex proprietari di terreni espropriati allo svincolo dell’indennità di espropriazione a suo tempo depositata dall’ente espropriante presso la Cassa Depositi e Prestiti per la somma rideterminata dalla Corte di Appello. La posizione giuridica soggettiva vantata dagli espropriati è di diritto soggettivo, non avendo l’Amministrazione Comunale alcun potere discrezionale riguardo al rilascio della «autorizzazione» in parola, dovendo questa unicamente verificare la sussistenza dei presupposti di legge (definitività della somma spettante a titolo di indennità, inesistenza sia di opposizioni di terzi che di diritti reali sui fondi espropriati) prima di consentite lo svincolo dell’indennità giacente presso la Cassa Depositi e Prestiti.

Obiettivi di fondo – L’istituto del deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti assolve alla funzione di tutela dei terzi potenzialmente aspiranti ad una parte dell’indennità e sottrarre la somma alla sfera giuridica dell’espropriante.

Cessione volontaria

Generalità – La cessione volontaria di un immobile costituisce un contratto ad oggetto pubblico che, inserito nell’ambito di un procedimento espropriativo, lo conclude, eliminando la necessità di un provvedimento amministrativo di acquisizione coatta della proprietà privata.

Questioni e applicazioni – Si ritiene in dottrina e giurisprudenza che la natura dell’atto di cessione si collochi in un ambito promiscuo tra il diritto pubblico e il diritto privato: infatti viene per lo più considerato un contratto pubblicistico la cui conclusione è, allo stesso tempo, soggetta alla disciplina privatistica, caratterizzata non dalla posizione di preminenza dell’amministrazione espropriante, ma dall’incontro paritetico delle volontà. Gli effetti traslativi della proprietà traggono origine dal contratto e non da provvedimenti amministrativi, che pure parallelamente caratterizzano il perfezionamento della volontà dell’ente, con il quale le parti concludono in via negoziale la vicenda ablatoria.

Obiettivi di fondo – Nel sistema della legge generale sull’espropriazione di pubblica utilità, la cessione volontaria, siccome regolata da disposizioni di carattere inderogabile e tassativo, ha dunque natura di negozio di diritto pubblico, che assolve alla funzione propria del decreto di espropriazione di segnare l’acquisto, a titolo originario, in favore della P.A., del bene compreso nel piano d’esecuzione dell’opera pubblica. Da tale equiparazione discende la necessaria conseguenza che, anche nell’ipotesi di acquisto del bene a mezzo di cessione volontaria, una volta pronunciata l’espropriazione e trascritto il relativo procedimento, tutti i diritti relativi agli immobili espropriati possono essere fatti valere esclusivamente sull’indennità.

Collegio peritale

Generalità – L’art. 21 testo unico espropri, rubricato “procedimento di determinazione definitiva dell’indennità di espropriazione”, disciplina in particolare il procedimento di stima dell’indennità ad opera di una terna di periti, nell’ipotesi in cui l’indennità espropriativa determinata in via provvisoria dall’ente espropriante non sia stata accettata dal proprietario espropriato.

Questioni e applicazioni – La costituzione di un collegio peritale, nel testo unico espropri, risulta essere un’ipotesi eventuale, in quanto rimessa esclusivamente alla scelta dell’espropriato, il quale può decidere se avvalersi della stima peritale ex art. 21 testo unico espropri o invece seguire l’iter ordinario, e quindi attendere la stima da parte della speciale commissione provinciale per le espropriazioni. È pacifico da quanto detto che non si potrà mai addivenire alla stima del collegio dei periti per scelta dell’autorità espropriante. Qualora il proprietario non abbia dato la tempestiva comunicazione di avvalersi del collegio peritale, l’autorità espropriante dovrà limitarsi a chiedere la determinazione dell’indennità alla commissione provinciale prevista dall’articolo 41 testo unico espropri. Ricordiamo che a questo punto la procedura espropriativa diventa bifasica. Infatti il processo di formazione dell’indennità definitiva è del tutto indipendente dal procedimento espropriativo vero e proprio e potrebbe avere durata anche molto più lunga in caso di opposizione alla stima dinanzi alla Corte d’Appello.

Obiettivi di fondo – Il collegio peritale previsto dall’art. 21 testo unico è nato sicuramente per permettere in tempi brevi al privato di avere una seria determinazione dell’indennità di espropriazione, con un procedimento tra l’altro in contraddittorio fra le varie parti coinvolte nella procedura espropriativa.

Commissione provinciale

Generalità – È un organismo regionale istituito in ogni provincia e composto: a) dal presidente della Provincia, o da un suo delegato, che la presiede; b) dall’ingegnere capo dell’ufficio tecnico erariale, o da un suo delegato; c) dall’ingegnere capo del genio civile, o da un suo delegato; d) dal presidente dell’Istituto autonomo delle case popolari della Provincia, o da un suo delegato; e) da due esperti in materia urbanistica ed edilizia nominati dalla Regione; f) da tre esperti in materia di agricoltura e di foreste nominati dalla Regione su terne proposte dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative. La Regione può nominare altri componenti e disporre la formazione di sottocommissioni. La commissione ha sede presso l’ufficio tecnico erariale. Nell’ambito delle singole regioni agrarie, delimitate secondo l’ultima pubblicazione ufficiale dell’Istituto centrale di statistica, entro il 31 gennaio di ogni anno la commissione determina il valore agricolo medio, nel precedente anno solare, dei terreni, considerati non oggetto di contratto agrario, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati.

Questioni e applicazioni – Qualora il proprietario non abbia tempestivamente comunicato di volersi avvalere del collegio peritale ex art. 21, l’autorità espropriante dovrà chiedere la determinazione dell’indennità alla commissione provinciale prevista dall’articolo 41 testo unico espropri (l’arbitrato di cui all’art. 21 è dunque, a tutti gli effetti, l’alternativa alla commissione provinciale espropri per la determinazione definitiva dell’indennità di esproprio). La stima effettuata dalla Commissione provinciale può essere impugnata in Corte d’Appello.

Finalità – La Commissione provinciale provvede alla determinazione in via amministrativa dell’indennità definitiva di esproprio qualora il proprietario non abbia accettato l’indennità provvisoria offerta dall’autorità espropriante.

Consulenza tecnica

Generalità – La Corte d’appello in unico grado (nell’ambito dell’espropriazione non è previsto il primo grado davanti al Tribunale) nominerà nella maggioranza dei casi un consulente tecnico d’ufficio il quale dovrà autonomamente stimare ex novo i beni per determinare l’indennità di espropriazione prescindendo completamente dalle stime effettuate precedentemente (stima in via amministrativa, stima peritale ex art. 21 testo unico, stima della commissione provinciale). Le stime precedenti servono solo per determinare la soccombenza delle spese di causa.

Questioni e applicazioni – Nel giudizio introdotto per la determinazione dell’indennità di espropriazione, il giudice deve procedere alla determinazione del quantum dell’indennità sulla base dei parametri normativi vigenti e ritenuti applicabili, indipendentemente anche dalle deduzioni e richieste delle parti al riguardo. E’ possibile, quindi, che il giudice riconosca a titolo di indennità di esproprio un importo maggiore di quello richiesto.

Criteri per la stima – Secondo la giurisprudenza più recente per la stima può essere utilizzato sia il metodo sintetico-comparativo che quello analitico-ricostruttivo. Ne consegue non potersi stabilire tra i due criteri un rapporto di regola ad eccezione, essendo rimessa al prudente apprezzamento del giudice la scelta di un metodo di stima improntato per quanto possibile in termini di effettività (anche secondo le indicazioni della Corte Costituzionale: vedi ord. 1.10.2003, n. 305).

Corte Europea Diritti Uomo

Generalità – La CEDU ha condannato l’Italia sia nell’ambito delle espropriazioni legittime, sia per le espropriazioni de facto. Altre pronunce di condanna sono arrivate in materia di vincoli e in tema di prescrizione. La Corte di Strasburgo ha condizionato fortemente, con le sue pronunce, la giurisprudenza e il legislatore italiano. Si deve in concreto alle sentenze di questo organo internazionale se, oggi, l’espropriato ha diritto ad un indennizzo pari al valore venale del bene ablato.

Norma di riferimento – La norma cardine, base delle note pronunce della CEDU, è l’articolo 1 protocollo 1 Convenzione Europea Diritti Uomo: ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.

Casistica – Nelle ipotesi di espropriazione legittima, ossia a seguito di un procedimento espropriativo non viziato, secondo la Corte Europea solo un indennizzo ragionevole può essere considerato in linea con l’art. 1 protocollo 1 Convenzione Europea Diritti Uomo. In caso di “espropriazione isolata”, pur se a fini di pubblica utilità, solo una riparazione integrale può essere considerata in rapporto ragionevole con il valore del bene. La tutela offerta dal giudice di Strasburgo non ha mancato di riguardare tutte le ipotesi che possono rientrare nell’ampio concetto di “espropriazioni di fatto”. L’espropriazione indiretta viola il principio di legalità poiché non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica, permettendo in generale all’amministrazione di aggirare le norme fissate in materia d’espropriazione. Infatti, in tutti i casi, l’espropriazione indiretta mira a ratificare una situazione di fatto che deriva dalle illegalità commesse dalla P.A. e a regolare le conseguenze per il privato e per l’amministrazione, a vantaggio di quest’ultima. Nell’ordinamento italiano la giurisprudenza non riconosce il risarcimento del danno se è intervenuta la prescrizione. La Corte dei diritti dell’uomo, invece, ha ritenuto che in ogni caso si deve riconoscere il risarcimento del danno, non essendo l’istituto italiano dell’occupazione appropriativa in linea con il principio di legalità.

Crediti edilizi

Generalità – La perequazione nasce con l’ambizione di superare l’espropriazione: i due istituti sono, a tutti gli effetti, antitetici. La perequazione urbanistica può, ad esempio, costituire una soluzione urbanistica alla sequenza “vincolo – esproprio – opera pubblica”, riconoscendo a tutti i terreni urbani un diritto edificatorio la cui misura sia indipendente dalla destinazione d’uso e distribuendo in maniera omogenea ed equilibrata tutti i vantaggi economici derivanti dall’edificabilità.

Questioni e applicazioni – Al proprietario del fondo espropriando vengono attribuiti beni e diritti di pari valore economico, in modo che lo stesso non sia sottoposto ad un esproprio ma decida di cedere volontariamente il fondo di interesse pubblico, realizzandosi così un vero e proprio negozio giuridico in alternativa al procedimento ablatorio. In concreto, il proprietario non subisce la perdita di valore del proprio bene quale conseguenza della realizzazione di opere pubbliche, bensì accetta il suo controvalore in termini di altri beni o diritti, partecipando attivamente all’operazione perequativa, a fronte della rinuncia alla proprietà del bene di interesse pubblico. La proprietà diviene così valore di scambio e prescinde dall’ubicazione e dalle scelte urbanistiche della pubblica amministrazione.

Obiettivi di fondo – Nuovi strumenti operativi sono emersi nel dibattito e nella letteratura urbanistica: la pianificazione strutturale ed operativa, la perequazione, la compensazione e i crediti edilizi: tutti meccanismi che hanno permesso alla P.A. un margine più ampio di contrattazione e di collaborazione con il privato. La riforma delle tecniche di attribuzione dei diritti edificatori e una sempre maggiore apertura nei confronti della realizzazione privata delle opere pubbliche ha portato ad una completa revisione delle pratiche negoziali.

Criteri di stima

Generalità – Nella stima del bene da espropriare deve essere adottato il metodo che permette di avvicinarsi il più possibile al valore reale del bene. La determinazione del valore del fondo può avvenire sia con il metodo analitico-ricostruttivo, teso ad accertare il valore di trasferimento del fondo; sia con il metodo sintetico-comparativo, volto invece a desumere, dall’analisi del mercato, il valore commerciale del fondo. L’alternatività sussistente fra il criterio sintetico-comparativo e quello analitico-ricostruttivo non esclude affatto, in astratto, la possibilità di “contaminazioni” fra i due criteri, purché consapevoli e motivate.

Differenze – Con il criterio cosiddetto sintetico-comparativo s’indica quel metodo d’indagine che consente di determinare il valore di un bene deducendolo da quello altrove di fatto attribuito a un altro bene che presenti caratteristiche simili a quello oggetto di accertamento. In tale procedimento è essenziale l’identificazione di beni omogenei da utilizzare per la comparazione, l’individuazione degli eventuali elementi di diversità e lo svolgimento degli opportuni calcoli necessari a perequare il risultato alle caratteristiche proprie del bene oggetto di accertamento. Il metodo analitico-ricostruttivo deve fondarsi sull’analisi di tutti gli elementi che concorrono in concreto alla determinazione del costo di trasformazione del terreno da valutare e alla formazione del valore venale di quanto si costruisce sull’area (entità del costruibile in base agli indici urbanistici d’edificabilità, costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, tributi, spese tecniche e generali, oneri di acquisizione delle aree, utile d’impresa in rapporto alla redditività dei capitali investiti e a un tasso d’attualizzazione per il tempo occorrente a realizzare le costruzioni). Altro aspetto che questo metodo deve considerare è la densità volumetrica esprimibile in base all’indice di fabbricabilità del piano di zona in cui è incluso.

Applicazioni – Il metodo sintetico-comparativo, quando possibile, è da preferire in quanto, riflettendo la situazione del mercato, offre indubbiamente, a differenza dell’altro metodo, risultati reali. Può tuttavia legittimamente può farsi ricorso al metodo analitico qualora sia evidenziata, sulla base degli accertamenti compiuti dal C.T.U., la mancanza di utili dati di comparazione cui ancorare la stima del terreno espropriato. La scelta del criterio indennitario, comparativo o analitico, è insindacabile.