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Accesso al fondo

Nozione – Per le operazioni planimetriche e le altre operazioni preparatorie necessarie per la redazione dello strumento urbanistico generale, di una sua variante o di un atto avente efficacia equivalente, nonché per l’attuazione delle previsioni urbanistiche e per la progettazione di opere pubbliche e di pubblica utilità, i tecnici incaricati, anche privati, possono essere autorizzati ad introdursi nell’area interessata.

Procedura – Chiunque chieda il rilascio della autorizzazione per accedere al fondo deve darne notizia, mediante atto notificato con le forme degli atti processuali civili o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, al proprietario del bene, nonché al suo possessore se conosciuto. L’autorità espropriante tiene conto delle eventuali osservazioni, formulate dal proprietario o dal possessore entro sette giorni dalla relativa notifica o comunicazione, e può accogliere la richiesta solo se risultano trascorsi almeno ulteriori dieci giorni dalla data in cui è stata notificata o comunicata la richiesta di introdursi nell’altrui proprietà. L’autorizzazione indica i nomi delle persone che possono effettuare l’accesso ed è notificata o comunicata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento almeno sette giorni prima dell’inizio delle operazioni. Il proprietario e il possessore del bene possono assistere alle operazioni, anche mediante persone di loro fiducia.

Applicazioni – Nel caso vi siano più proprietari del fondo, si dovrebbe ritenere necessario che la notifica, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, sia inoltrata a tutti. Tuttavia, parte della giurisprudenza ritiene sufficiente la notifica anche solo ad uno degli interessati.

Accettazione indennità

Nozione – Ricevuta la notifica dell’indennità provvisoria, il proprietario espropriando potrebbe decidere di accettarne l’importo, ed in tal caso l’indennità diventerebbe definitiva. Nelle procedure espropriative riveste notevole importanza l’istituto della cessione volontaria. L’atto con cui si concorda l’indennità è però cosa ben diversa dall’atto di cessione volontaria. Infatti la giurisprudenza e la dottrina sono concordi nel ritenere che l’accordo amichevole raggiunto dalle parti, sull’ammontare dell’indennità di esproprio o sul corrispettivo della cessione volontaria, non realizzi il trasferimento della proprietà dell’immobile dal titolare del diritto dominicale all’ente pubblico, occorrendo, invece, necessariamente che il procedimento ablatorio si concluda o con il decreto di esproprio o con il contratto di cessione volontaria.

Differenze fra cessione volontaria e compravendita – Elementi costitutivi indispensabili per configurare la cessione volontaria (e che valgono a differenziarla dalla compravendita) sono secondo la giurisprudenza: a) l’inserimento del contratto nell’ambito di un procedimento espropriativo; b) la preesistenza nell’ambito del procedimento non solo della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera da realizzare, ma anche del subprocedimento di determinazione dell’indennità da parte dell’espropriante, che deve essere formalmente offerta ed accettata; c) il prezzo di cessione deve essere obbligatoriamente correlato ai parametri stabiliti dalla legge per la determinazione dell’indennità spettante in caso di espropriazione, parametri dai quali non è possibile discostarsi.

Finalità – La cessione volontaria di un immobile costituisce un contratto ad oggetto pubblico che, inserito nell’ambito di un procedimento espropriativo, lo conclude, eliminando la necessità di un provvedimento amministrativo di acquisizione coatta della proprietà privata.

Alternative all’esproprio

Generalità – La perequazione nasce con l’ambizione di superare l’espropriazione: i due istituti sono, a tutti gli effetti, antitetici. La perequazione urbanistica può, ad esempio, costituire una soluzione urbanistica alla sequenza “vincolo – esproprio – opera pubblica”, riconoscendo a tutti i terreni urbani un diritto edificatorio la cui misura sia indipendente dalla destinazione d’uso e distribuendo in maniera omogenea ed equilibrata tutti i vantaggi economici derivanti dall’edificabilità.

Questioni e applicazioni – Al proprietario del fondo espropriando vengono attribuiti beni e diritti di pari valore economico, in modo che lo stesso non sia sottoposto ad un esproprio, ma decida di cedere volontariamente il fondo di interesse pubblico, realizzandosi così un vero e proprio negozio giuridico in alternativa al procedimento ablatorio. In concreto, il proprietario non subisce la perdita di valore del proprio bene quale conseguenza della realizzazione di opere pubbliche, bensì accetta il suo controvalore in termini di altri beni o diritti, partecipando attivamente all’operazione perequativa, a fronte della rinuncia alla proprietà del bene di interesse pubblico. La proprietà diviene così valore di scambio e prescinde dall’ubicazione e dalle scelte urbanistiche della pubblica amministrazione.

Obiettivi di fondo – Nuovi strumenti operativi sono emersi nel dibattito e nella letteratura urbanistica: la pianificazione strutturale ed operativa, la perequazione, la compensazione e i crediti edilizi: tutti meccanismi che hanno permesso alla P.A. un margine più ampio di contrattazione e di collaborazione con il privato. La riforma delle tecniche di attribuzione dei diritti edificatori e una sempre maggiore apertura nei confronti della realizzazione privata delle opere pubbliche ha portato ad una completa revisione delle pratiche negoziali.

Amichevole determinazione dell’indennità

Disciplina – In tema di espropriazione per pubblico interesse, l’accordo, tra il privato proprietario del bene assoggettato ad espropriazione e la P.A. interessata, sull’ammontare dell’indennità ha natura pubblica e si inserisce nel procedimento amministrativo, restando condizionato alla conclusione della procedura espropriativa; pertanto, in mancanza dell’atto finale del procedimento espropriativo, o di un atto o contratto equivalente, manca la condizione a cui è sottoposta la convenzione riguardante l’entità dell’indennizzo ed il negozio resta caducato, nel senso che rimane privo di effetti giuridici.

Approvazione del progetto

Disciplina – L’approvazione di un progetto di opera pubblica equivale ex lege a dichiarazione di pubblica utilità. Qualora la realizzazione di un’opera pubblica comportante espropriazione di suoli privati avvenga mediante una prima fase preliminare cui faccia seguito un progetto definitivo, è soltanto quest’ultimo a comportare dichiarazioni di pubblica utilità e pertanto solo nella fase di approvazione di quest’ultimo dovranno essere rispettate le garanzie partecipative.

Obiettivi di fondo – Soltanto con la dichiarazione di pubblica utilità -implicita nell’approvazione del progetto definitivo/esecutivo dell’opera pubblica, che esplica effetti costitutivi, vincolando il bene scelto per la localizzazione dell’opera pubblica all’esecuzione dell’opera stessa e paralizzando l’attività edilizia privata- si determina l’affievolimento del diritto soggettivo del proprietario interessato ad interesse legittimo e sorge la possibilità e l’onere per lo stesso di adire il Giudice amministrativo.

Arbitrato

Generalità – L’art. 21 testo unico espropri, rubricato “procedimento di determinazione definitiva dell’indennità di espropriazione”, disciplina in particolare il procedimento di stima dell’indennità ad opera di una terna di periti, nell’ipotesi in cui l’indennità espropriativa determinata in via provvisoria dall’ente espropriante non sia stata accettata dal proprietario espropriato.

Questioni e applicazioni – La costituzione di un collegio peritale, nel testo unico espropri, risulta essere un’ipotesi eventuale, in quanto rimessa esclusivamente alla scelta dell’espropriato, il quale può decidere se avvalersi della stima peritale ex art. 21 testo unico espropri o invece seguire l’iter ordinario, e quindi attendere la stima da parte della speciale commissione provinciale per le espropriazioni. È pacifico da quanto detto che non si potrà mai addivenire alla stima del collegio dei periti per scelta dell’autorità espropriante. Qualora il proprietario non abbia dato la tempestiva comunicazione di avvalersi del collegio peritale, l’autorità espropriante dovrà limitarsi a chiedere la determinazione dell’indennità alla commissione provinciale prevista dall’articolo 41 testo unico espropri. Ricordiamo che a questo punto la procedura espropriativa diventa bifasica. Infatti il processo di formazione dell’indennità definitiva è del tutto indipendente dal procedimento espropriativo vero e proprio, e potrebbe avere durata anche molto più lunga se si dovesse proseguire per ottenere la giusta indennità anche in sede giudiziale in caso di opposizione alla stima dinanzi alla Corte d’Appello.

Obiettivi di fondo – Il collegio peritale previsto dall’art. 21 testo unico è nato sicuramente per permettere in tempi brevi al privato di avere una seria determinazione dell’indennità di espropriazione, con un procedimento tra l’altro in contraddittorio fra le varie parti coinvolte nella procedura espropriativa.

Aree agricole indennità

Criterio di calcolo – Nel caso di esproprio di un’area non edificabile, l’indennità definitiva è determinata in base al criterio del valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e del valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati, anche in relazione all’esercizio dell’azienda agricola, senza valutare la possibile o l’effettiva utilizzazione diversa da quella agricola.

Questioni e applicazioni – La Corte Costituzionale con sentenza n. 181/2011 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in via consequenziale, l’art. 40, commi 2 e 3 d.P.R. n. 327/2001 (t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per p.u.). Il legislatore non ha il dovere di commisurare integralmente l’indennità di espropriazione al valore di mercato del bene ablato e non sempre è garantita dalla Cedu una riparazione integrale, come la stessa Corte di Strasburgo ha affermato, sia pure aggiungendo che in caso di “espropriazione isolata”, pur se a fini di pubblica utilità, soltanto una riparazione integrale può essere considerata in rapporto ragionevole con il valore del bene. Tuttavia, proprio l’esigenza di effettuare una valutazione di congruità dell’indennizzo espropriativo, determinato applicando eventuali meccanismi di correzione sul valore di mercato, impone che quest’ultimo sia assunto quale termine di riferimento dal legislatore, in guisa da garantire il “giusto equilibrio” tra l’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.

Casistica particolare – Al fine di qualificare il terreno espropriato come edificabile o meno, non si può prescindere da una ricognizione legale della natura del terreno sulla base delle previsioni specifiche del piano regolatore, poiché in tal modo si verrebbe ad introdurre una nozione di edificabilità di fatto che ignora la classificazione urbanistica dell’area, laddove, invece, l’edificabilità di fatto ha carattere solo suppletivo e complementare, utilizzabile, ad esempio, in assenza di pianificazione urbanistica o come apprezzamento delle specifiche caratteristiche dell’area legalmente edificabile; ne consegue che ove lo strumento urbanistico preveda la destinazione agricola del fondo espropriando, è escluso che esso possa in altro modo considerarsi edificabile.