Indennità aggiuntive
Generalità – Spetta un’indennità aggiuntiva al fittavolo, al mezzadro o al compartecipante che, per effetto della procedura espropriativa o della cessione volontaria, sia costretto ad abbandonare in tutto o in parte l’area direttamente coltivata da almeno un anno prima della data in cui vi è stata la dichiarazione di pubblica utilità. Al proprietario del fondo che sia anche coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale spetta un’indennità aggiuntiva, determinata in misura pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticata.
Questioni e applicazioni – In tema di espropriazione per pubblica utilità, ai fini del riconoscimento dell’indennità aggiuntiva, l’elemento qualificante della coltivazione diretta del fondo va ravvisato in quello che emerge dagli art. 2083, 2135 e 2751 bis c.c., trascurando le numerose altre definizioni, tutte ad efficacia settoriale. Tale elemento, pertanto, sussiste in tutte quelle ipotesi in cui la coltivazione del fondo da parte del titolare avviene con prevalenza del lavoro proprio e di persone della sua famiglia, dovendosi individuare il requisito della prevalenza in base al rapporto tra forza lavorativa totale occorrente per la lavorazione del fondo e forza lavoro riferibile al titolare ed ai membri della sua famiglia, a prescindere dall’apporto di mezzi meccanici, e distinguendosi in tal modo il coltivatore diretto dalla figura dell’imprenditore agricolo, cioè di colui che esercita la coltivazione e produzione agricola con prevalenza del fattore capitale su quello lavoro e con impegno prevalente di mano d’opera subordinata.
Obiettivi di fondo – L’indennità aggiuntiva si caratterizza per una funzione compensativa del sacrificio sopportato dai predetti soggetti a causa della definitiva perdita del terreno su cui esercitavano l’attività agricola e, pur essendo autonoma rispetto all’indennità di espropriazione, trova pur sempre titolo nel provvedimento ablatorio.
Indennità aree agricole
Criterio di calcolo – Nel caso di esproprio di un’area non edificabile, l’indennità definitiva è determinata in base al criterio del valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e del valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati, anche in relazione all’esercizio dell’azienda agricola, senza valutare la possibile o l’effettiva utilizzazione diversa da quella agricola.
Questioni e applicazioni – La Corte Costituzionale con sentenza n. 181/2011 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in via consequenziale, l’art. 40, commi 2 e 3 d.P.R. n. 327/2001 (t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per p.u.). Il legislatore non ha il dovere di commisurare integralmente l’indennità di espropriazione al valore di mercato del bene ablato e non sempre è garantita dalla Cedu una riparazione integrale, come la stessa Corte di Strasburgo ha affermato, sia pure aggiungendo che in caso di “espropriazione isolata”, pur se a fini di pubblica utilità, soltanto una riparazione integrale può essere considerata in rapporto ragionevole con il valore del bene. Tuttavia, proprio l’esigenza di effettuare una valutazione di congruità dell’indennizzo espropriativo, determinato applicando eventuali meccanismi di correzione sul valore di mercato, impone che quest’ultimo sia assunto quale termine di riferimento dal legislatore, in guisa da garantire il “giusto equilibrio” tra l’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.
Casistica particolare – Al fine di qualificare il terreno espropriato come edificabile o meno, non si può prescindere da una ricognizione legale della natura del terreno sulla base delle previsioni specifiche del piano regolatore, poiché in tal modo si verrebbe ad introdurre una nozione di edificabilità di fatto che ignora la classificazione urbanistica dell’area, laddove, invece, l’edificabilità di fatto ha carattere solo suppletivo e complementare, utilizzabile, ad esempio, in assenza di pianificazione urbanistica o come apprezzamento delle specifiche caratteristiche dell’area legalmente edificabile; ne consegue che ove lo strumento urbanistico preveda la destinazione agricola del fondo espropriando, è escluso che esso possa in altro modo considerarsi edificabile.
Indennità aree edificabili
Generalità – L’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata in misura pari al valore venale del bene. Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del venticinque per cento.
Questioni e applicazioni – Per “interventi di riforma economico-sociale” debbono intendersi quelle caratterizzate dall’incisiva innovatività del contenuto normativo, tenuto conto anche delle finalità perseguite dal legislatore in ordine ad un fenomeno vasto di primaria importanza nazionale, dell’attinenza della disciplina dettata a un problema di grande rilevanza per la definizione del rapporto tra proprietà privata e potere pubblico e, quindi, per la vita economica e sociale della comunità intera e, infine, dalla connotazione delle norme considerate come principi che esigono un’attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale
Criterio di calcolo – Il valore venale sulla base del quale deve essere liquidata l’indennità di area edificabile è semplicemente il prezzo che il proprietario avrebbe potuto ricavare dal terreno espropriato se, invece che subirne l’esproprio, lo avesse venduto alle condizioni di mercato vigenti nel momento.
Indennità aree edificate
Nozione – Nel caso di espropriazione di una costruzione legittimamente edificata, l’indennità è determinata in misura pari al valore venale. Qualora la costruzione o parte di essa sia stata realizzata in assenza della concessione edilizia o della autorizzazione paesistica, ovvero in difformità, l’indennità è calcolata tenendo conto della sola area di sedime in base all’articolo 37 testo unico espropri, ossia tenendo conto della sola parte della costruzione realizzata legittimamente. Ove sia pendente una procedura finalizzata alla sanatoria della costruzione, l’autorità espropriante, sentito il Comune, accerta la sanabilità ai soli fini della corresponsione delle indennità.
Questioni e applicazioni – Il principio per cui, agli effetti dell’indennità di espropriazione o del risarcimento del danno, il valore dei fabbricati deve essere considerato comprensivo del valore del suolo, effettuandosi la liquidazione con riferimento al valore di mercato per l’edificio (comprensivo di area di sedime, che da esso non è scindibile né autonomamente apprezzabile), senza che rilevi il fatto che il fabbricato sia destinato dall’espropriante alla demolizione, non trova applicazione quante volte il fabbricato risulti privo di autonomia funzionale o abbia scarsa consistenza economica rispetto al suolo, oppure sia in condizioni talmente fatiscenti da consigliarne la demolizione con riedificazione.
Obiettivi di fondo – L’espropriazione di fabbricati, soprattutto quando si tratta di quelli di abitazione, è sicuramente l’ipotesi più grave di esproprio che può colpire un privato e pertanto, da sempre, è stato riconosciuto dal legislatore un indennizzo al valore venale. Ovviamente le opere abusive non sanabili non possono essere in alcun modo indennizzate.
Indennità di esproprio
Normativa – Le regole per procedere ad una espropriazione legittima sono attualmente inserite nel testo unico espropri (d.p.r. 327/2001-dlgs 2002 n. 302 e succ. modifiche ed integrazioni) e nella legislazione regionale. I titolari dei beni oggetto di esproprio hanno diritto ad indennità. In particolare, il testo unico espropri disciplina all’art. 36 la determinazione dell’indennità nel caso di esproprio per la realizzazione di opere private che non consistano in abitazioni dell’edilizia residenziale pubblica; all’art. 37 la determinazione dell’indennità nel caso di esproprio di un’area edificabile; all’art. 38 la determinazione dell’indennità nel caso di esproprio di un’area legittimamente edificata; all’art. 40 la determinazione dell’indennità di aree agricole. Sono previste inoltre, in particolari ipotesi, maggiorazioni ed indennità aggiuntive.
Deposito nella cassa dd. pp. – La giurisprudenza è concorde nel ritenere che, in tema di espropriazione, il tempestivo deposito presso la Cassa depositi e prestiti dell’indennità liquidata in via amministrativa produce effetti liberatori per l’espropriante dalla data del deposito stesso, decorrendo su tale somma, in favore dell’espropriato, gli interessi previsti dall’ordinamento della Cassa, con esclusione della possibilità che sulla medesima somma vengano liquidati ulteriori interessi in sede di determinazione giudiziale della predetta indennità. Ove, viceversa, l’espropriante non provveda ad effettuare il deposito o vi provveda in maniera insufficiente o in ritardo sono dovuti, dal giorno dell’espropriazione e fino al giorno dell’adempimento dell’obbligazione principale, gli interessi legali, di natura compensativa, per il solo fatto che la somma è rimasta a disposizione dell’ente espropriante, a prescindere da ogni indagine sulla colposa responsabilità per il ritardo nel pagamento.
Indennità e cedu – A seguito dei principi enunciati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, fatti propri dal legislatore italiano, in linea generale l’indennità di esproprio non deve discostarsi dal valore venale (ossia dal valore di mercato) del bene espropriato.
Indennità espropriazione svincolo
Generalità – Per le indennità non accettate è previsto il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti. Quest’ultima è stata oggetto di riforma con la legge n. 326/2003 e trasformata in società per azioni, divenendo a tutti gli effetti un istituto di credito assoggettato a disciplina del testo unico bancario.
Giudice competente – Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia concernente il diritto degli ex proprietari allo svincolo -ove ne ricorrano i presupposti di legge- dell’indennità di espropriazione a suo tempo depositata dall’ente espropriante presso la Cassa Depositi e Prestiti per la somma rideterminata dalla Corte di Appello. La posizione giuridica soggettiva vantata dagli espropriati è, pertanto, di diritto soggettivo, non avendo l’Amministrazione Comunale alcun potere discrezionale riguardo al rilascio dell’autorizzazione allo svincolo, dovendo questa unicamente verificare la sussistenza dei presupposti di legge (definitività della somma spettante a titolo di indennità, inesistenza sia di opposizioni di terzi che di diritti reali sui fondi espropriati) prima di consentite lo svincolo dell’indennità giacente presso la Cassa Depositi e Prestiti.
Funzione del deposito – L’istituto del deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti assolve alla funzione di tutela dei terzi potenzialmente aspiranti ad una parte dell’indennità e a sottrarre la somma alla sfera giuridica dell’espropriante.
Indennità per le opere private di p.u.
Generalità – Il testo unico espropri distingue l’espropriazione finalizzata alla realizzazione di un’opera di pubblica utilità da quella tipica per la realizzazione di opere pubbliche da parte dei soggetti pubblici. Per le opere private di pubblica utilità, realizzate da soggetti privati e destinate a rimanere nella loro disponibilità, pur se rivolte a soddisfare interessi pubblici, si è da sempre tenuto conto del principio della stima al valore venale.
Differenze con le opere pubbliche – Per le opere realizzate da un ente pubblico occorre distinguere, essendo diversi i criteri di determinazione delle indennità, tra le varie ipotesi espropriative: relative alle aree edificabili, non edificabili, legittimamente edificate e sulle quali è stato reiterato il vincolo espropriativo. Per le opere private di pubblica utilità si fa esclusivo riferimento all’art. 36 testo unico espropri.
Criteri di determinazione – Nel caso di realizzazione di un’opera di pubblica utilità occorre determinare l’indennità in base al valore di mercato dell’immobile nelle condizioni in cui esso si trova al momento dell’espropriazione, avendo riguardo alla valutazione attribuita a beni con caratteristiche simili. Il prezzo di mercato di un bene espropriato deve essere accertato in concreto, in relazione a dati di fatto riferibili alla situazione locale alla data dell’esproprio, restando esclusa la possibilità di prendere a base di tale accertamento il valore dell’immobile riferito ad altra data e rivalutato secondo gli indici Istat, i quali riflettono le variazioni dei prezzi al consumo, ma non le quotazioni di mercato degli immobili.
Indennità per reiterazione di vincolo espropriativo
Principi base – Nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio o di un vincolo sostanzialmente espropriativo è dovuta al proprietario una indennità commisurata all’entità del danno effettivamente subito. Dell’indennità liquidata non si tiene conto se l’area è successivamente espropriata.
Disciplina – Qualora non sia prevista la corresponsione dell’indennità negli atti che determinano la reiterazione del vincolo, l’autorità che l’ha disposta è tenuta a liquidarla entro il termine di due mesi dalla data in cui abbia ricevuto la documentata domanda di pagamento ed a corrisponderla entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali sono dovuti anche gli interessi legali. Con atto di citazione innanzi alla Corte d’Appello nel cui distretto si trova l’area, il proprietario può impugnare la stima effettuata dall’autorità espropriante. L’opposizione va proposta, a pena di decadenza, entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla notifica dell’atto di stima. Decorso il termine di due mesi dalla richiesta senza che l’autorità espropriante abbia provveduto, il proprietario può chiedere alla Corte d’Appello di determinare l’indennità.
Patologia – La Corte Costituzionale ha evidenziato come la reiterazione in via amministrativa di vincoli decaduti, la proroga in via legislativa o la particolare durata dei vincoli previsti in alcune Regioni a statuto speciale non siano fenomeni di per sé inammissibili dal punto di vista costituzionale. La Consulta ha, tuttavia, sottolineato come tali comportamenti assumano certamente carattere patologico quando vi sia una indefinita reiterazione o una proroga sine die attraverso la reiterazione di proroghe a tempo determinato. Ciò, però, solamente in assenza di previsione di indennizzo, quest’ultimo peraltro dovuto una volta che sia stato superato il limite tollerabile stabilito dalla legge (c.d. periodo di franchigia) di regola di 5 anni.
Indennità per servitù
Generalità – L’esecuzione di un’opera pubblica non determina immancabilmente la perdita del diritto di proprietà di un immobile. Attraverso l’imposizione di vincoli, pesi o servitù, la P.A. può infatti anche determinare la ridotta possibilità di esercizio o l’annullamento di facoltà o prerogative riconosciute al proprietario.
Criteri di calcolo – Al proprietario del fondo che, a causa dell’esecuzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà è dovuta una indennità. L’indennità è calcolata senza tenere conto del pregiudizio derivante dalla perdita dell’utilità economica cui il proprietario non aveva diritto. L’indennità è dovuta anche se la costituzione della servitù sia avvenuta per effetto di accordo. Non è dovuta alcuna indennità se la servitù può essere conservata o trasferita senza grave incomodo del fondo dominante o di quello servente. In tal caso l’espropriante, se non effettua direttamente le opere, rimborsa le spese necessarie per la loro esecuzione. L’indennità può anche essere concordata fra gli interessati prima o durante la realizzazione dell’opera e delle relative misure di contenimento del danno.
Natura – Il diritto all’indennità per l’imposizione di servitù previsto dall’articolo 44 testo unico espropri configura una tipica ipotesi di fattispecie compresa nella categoria dogmatica della responsabilità per atti leciti della P.A..
Indennità soggetti aventi titolo
Generalità – L’indennità di esproprio spetta al proprietario del bene da espropriare ovvero all’enfiteuta che ne sia anche possessore. Dopo la trascrizione del decreto di esproprio o dell’atto di cessione, tutti i diritti relativi al bene espropriato possono essere fatti valere esclusivamente sull’indennità. L’espropriante non è tenuto ad intervenire nelle controversie tra il proprietario e l’enfiteuta e non sopporta aumenti di spesa a causa del riparto tra i due dell’indennità. Salvo quanto previsto dall’articolo 42 testo unico espropri, il titolare di un diritto reale o personale sul bene non ha diritto ad una indennità aggiuntiva, ma può far valere il suo diritto sull’indennità di esproprio e può proporre l’opposizione alla stima, ovvero intervenire nel giudizio promosso dal proprietario.
Casistica – In applicazione del principio dell’unicità dell’indennità, il testo unico esclude per gli altri titolari di diritti reali o personali sul bene oggetto di espropriazione la sussistenza di un diritto al riconoscimento di indennità aggiuntive, dovendosi ritenere che tutti i diritti reali regolarmente costituiti sul bene espropriato, opponibili ai terzi in quanto trascritti, si trasferiscano sull’indennità di esproprio, mentre i diritti obbligatori si estinguano.
Principi di unicità – Il testo unico espropri concentra la sua attenzione sulla figura del proprietario del bene quale destinatario di ogni comunicazione e provvedimento. Vige il principio di unicità dell’indennità e di unicità di erogazione dell’indennizzo espropriativo.
Immissione in possesso
Generalità – Il decreto di esproprio è eseguito dall’autorità espropriante, o dal beneficiario dell’esproprio, con l’immissione in possesso e con la redazione del relativo verbale, atti entrambi di competenza del dirigente dell’ufficio espropriazioni in quanto classificabili tra quelli di mera gestione. L’avviso di immissione nel possesso del suo bene deve essere notificato al proprietario almeno sette giorni prima della data prevista e deve contenere l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora stabiliti per l’esecuzione del decreto di esproprio. L’immissione in possesso deve essere effettuata entro il termine perentorio di due anni e comporta l’appropriazione dei beni privati da parte dell’autorità espropriante.
Modalità operative – Lo stato di consistenza e il verbale di immissione sono redatti in contraddittorio con l’espropriato o, nel caso di assenza o di rifiuto, con la presenza di almeno due testimoni che non siano dipendenti del beneficiario dell’espropriazione. Possono partecipare alle operazioni i titolari di diritti reali o personali sul bene. Si intende effettuata l’immissione in possesso anche quando, malgrado la redazione del relativo verbale, il bene continua ad essere utilizzato, per qualsiasi ragione, da chi in precedenza ne aveva la disponibilità. L’autorità espropriante, in calce al decreto di esproprio, indica la data in cui è avvenuta l’immissione in possesso e trasmette copia del relativo verbale all’Agenzia del Territorio per la relativa annotazione.
Finalità – Con l’esecuzione del decreto di esproprio, consistente nella materiale presa di possesso del bene espropriato, si verifica pertanto la condizione sospensiva cui il decreto stesso era sottoposto.
Interventi di riforma economico-sociale
Generalità – L’art. 37 testo unico espropri sancisce che l’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata in misura pari al valore venale del bene. Quando però l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del venticinque per cento.
Questioni e applicazioni – Il fine di riforma economico sociale connota una particolare qualità di fini di utilità pubblica, perseguiti in un dato momento storico, e perciò devoluta esclusivamente non già al potere discrezionale dell’amministrazione espropriante, e neppure all’interpretazione del giudice in caso di opposizione giudiziale alla stima dell’indennità, ma al legislatore, al quale soltanto spetta di decidere (nel rispetto dei vincoli individuati dalla giurisprudenza costituzionale e comunitaria) se e quando avvalersi del potere di prevedere una riduzione del tipo prefigurato dal D.P.R. 327/2001, art. 37, comma 1, seconda parte, nel testo di cui alla L. n. 244/2007, art. 2, comma 89 (fra le tante Cass. n. 8445/2012; S.U. 5265/2008; n. 17188/2013). Quale logica conseguenza dei principi sopra espressi, la giurisprudenza italiana più recente si è pronunciata in modo specifico nell’ambito dei piani PEEP e PIP, negando in modo univoco che possa essere applicata la decurtazione del 25% all’indennità di espropriazione.
Obiettivi di fondo – Per “norme di riforma economico-sociale” debbono intendersi quelle caratterizzate dall’incisiva innovatività del contenuto normativo, tenuto conto anche delle finalità perseguite dal legislatore in ordine ad un fenomeno vasto di primaria importanza nazionale, dall’attinenza della disciplina dettata a un problema di grande rilevanza per la definizione del rapporto tra proprietà privata e potere pubblico e, quindi, per la vita economica e sociale della comunità intera e, infine, dalla connotazione delle norme considerate come principi che esigono un’attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale.