Se il concessionario fallisce l’indennità all’espropriato deve essere pagata dalla P.A. concedente – Cass. Civ., sez. I, 04.03.2022, n. 7260

Quando gli atti espropriativi vengono delegati ad altri soggetti che, in virtù della convenzione stipulata e della concessione traslativa avente fonte legale, agiscano in nome e per conto del beneficiario dell’esproprio, spetta a quest’ultimo, in linea di principio, la legittimazione passiva nelle controversie promosse dal privato per il pagamento delle indennità espropriative anche a titolo risarcitorio.

Diversa la situazione ove il concessionario sia insolvente rispetto al proprio obbligo indennitario. In questo caso sorge un autonomo obbligo di garanzia della P.A. concedente, beneficiaria dell’espropriazione, per il pagamento del ristoro dovuto dal concessionario, onde assicurare, ex art. 42 Cost, comma 3, l’effettivo bilanciamento di interessi tra il titolare del bene ablato e la P.A. che persegue, attraverso l’espropriazione, finalità di interesse generale (v. Cass. n. 30442 del 2019).

A questo approdo ermeneutico la Corte di Cassazione è pervenuta alla luce della giurisprudenza della Corte di Strasburgo (sentenza Arnaboldi c. Italia del 14 marzo 2019, par. 39 ss.), la quale ha osservato che “se è vero che l’insolvenza di una società privata non può comportare una responsabilità dello Stato riguardo alla Convenzione e ai suoi Protocolli (…), lo Stato non può sottrarsi alla sua responsabilità delegando i propri obblighi ad enti privati o a persone fisiche. In altre parole, il fatto che lo Stato scelga una forma di delega in base alla quale alcuni dei suoi poteri sono esercitati da un altro organo non è sufficiente a risolvere la questione della sua responsabilità. Secondo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, l’esercizio di poteri statali che hanno un’influenza sui diritti e sulle libertà sanciti dalla Convenzione può far sorgere la responsabilità dello Stato, indipendentemente dalla forma in cui tali poteri si trovano ad essere esercitati, fosse anche da parte di un ente di diritto privato (…). Nel caso di specie, la Corte ritiene che non vi sia alcun dubbio che la società (…) sia stata incaricata di una missione di servizio pubblico essendo delegata di tutti i poteri connessi all’espropriazione di un terreno ai fini della sua acquisizione al patrimonio pubblico e della costruzione di un’opera pubblica. Secondo la Corte, la scelta di avvalersi della delega (dei poteri connessi all’espropriazione di un terreno ai fini della sua acquisizione al patrimonio pubblico e della costruzione di un’opera pubblica) non può sollevare lo Stato italiano da quelle che sarebbero state le sue responsabilità se avesse preferito adempiere lui stesso a tali obblighi, come sarebbe stato in suo potere fare (…) Ne consegue – prosegue ancora la Cedu – che lo Stato italiano rimane tenuto ad esercitare una vigilanza e un controllo per tutta la durata della procedura di espropriazione, fino al pagamento del relativo indennizzo, cosicché è responsabile per non aver adottato le misure necessarie a garantire che le somme accordate a titolo di indennità per l’espropriazione fossero effettivamente versate al ricorrente“.

Che la pubblica amministrazione beneficiaria dell’opera da costruire sia tenuta a provvedere al pagamento del ristoro dovuto al proprietario espropriato, in caso di insolvenza dell’ente delegato alla procedura ablativa, trova ulteriori conferme se si ha riguardo al contratto accessivo alla concessione. Il provvedimento concessorio è la fonte indiretta del trasferimento dei poteri (di cui è titolare l’amministrazione pubblica) al concessionario, ma il rapporto vive su un piano ormai privatistico, nel quale la fonte diretta degli obblighi e dei diritti costituiti in capo al concessionario è il contratto che reca la disciplina e il modo di attuazione del regolamento di interessi tra le parti.

Ciò rende plausibile la conclusione che il fallimento del concessionario determini – almeno di regola e salve le eccezioni previste dalla legge – lo scioglimento sia del mandato conferitogli che è implicito nella concessione per l’ulteriore esercizio dei poteri e adempimento dei doveri connessi all’attuazione del programma di esproprio (L.Fall., art. 78), sia del contratto di appalto a valle, ai sensi della L.Fall., art. 81, disposizione quest’ultima talora ritenuta applicabile in via analogica allo stesso provvedimento concessorio (cfr. Tar Abruzzo n. 284 del 2018).

Conseguenza del fallimento dell’impresa concessionaria è la riassunzione in capo all’amministrazione concedente (titolare dei poteri e doveri già delegati) – che dell’opera pubblica è la diretta beneficiaria – delle obbligazioni rimaste inadempiute, tra le quali il pagamento delle indennità a favore degli espropriati.

Il fallimento costituisce, in effetti, evento impeditivo dell’attuazione del regolamento di interessi concordato nel contratto di concessione, venendo meno i requisiti di idoneità soggettiva ed oggettiva del concessionario-appaltatore.

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