Art. 42 bis t.u. espr. obbligo di partecipazione del privato (Cass., Sez. Unite, 6 febbraio 2019, n. 3517)

In materia di espropriazione per pubblica utilità, la cd. acquisizione sanante di cui all’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001 ha natura di procedimento espropriativo semplificato di carattere eccezionale, volto a ripristinare la legalità amministrativa con effetto non retroattivo, il cui scopo non è quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall’Amministrazione, bensì quello, autonomo, di soddisfare attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione delle opere già realizzate “sine titulo”; ne consegue che l’adozione di tale provvedimento presuppone una valutazione discrezionale degli interessi in conflitto qualitativamente diversa da quella tipicamente effettuata nel normale procedimento espropriativo, non limitata genericamente alla eccessiva difficoltà od onerosità delle possibili soluzioni ma volta ad accertare l’assenza di ragionevoli alternative all’acquisizione – prima fra tutte la restituzione del bene – in relazione alle quali il proprietario deve essere posto in grado di svolgere il proprio ruolo partecipativo secondo le regole generali sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo.
A proposito della centralità del momento partecipativo del privato al procedimento, la posizione del massimo consesso del Giudice amministrativo, è, peraltro, pienamente in linea con quanto espresso dalla Corte costituzionale. Quest’ultima, chiamata dalle Sezioni Unite a verificare la compatibilità del nuovo istituto in riferimento a molteplici parametri, ha infatti ritenuto, che “L’adozione del provvedimento acquisitivo presuppone, appunto, una valutazione comparata degli interessi in conflitto, qualitativamente diversa da quella tipicamente effettuata nel normale procedimento espropriativo. E l’assenza di ragionevoli alternative all’adozione del provvedimento acquisitivo va intesa in senso pregnante, in stretta correlazione con le eccezionali ragioni di interesse pubblico richiamate dalla disposizione in esame, da considerare in comparazione con gli interessi del privato proprietario. Non si tratta, soltanto, di valutare genericamente una eccessiva difficoltà od onerosità delle alternative a disposizione dell’amministrazione, secondo un principio già previsto in generale dall’articolo 2058 c.c.. Per risultare conforme a Costituzione, l’ampiezza della discrezionalità amministrativa va delimitata alla luce dell’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione sine titulo e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, la quale ultima non risulta mutata neppure a seguito di trasformazione irreversibile del fondo. (…) Dunque, solo quando siano state escluse, all’esito di una effettiva comparazione con i contrapposti interessi privati altre opzioni, compresa la cessione volontaria mediante atto di compravendita, e non sia ragionevolmente possibile la restituzione, totale o parziale, del bene, previa riduzione in pristino, al privato illecitamente inciso nel suo diritto di proprietà.”(Corte cost. n. 71/2015).
Da ciò consegue che il provvedimento disciplinato dall’articolo 42 bis, non può sottrarsi all’applicazione delle generali regole di partecipazione del privato al procedimento amministrativo sicchè, per garantire l’effettiva comparazione degli interessi contrapposti richiesta dalla norma in questione, il privato deve essere sempre posto in grado di accentuare il proprio ruolo partecipativo, eventualmente facendo valere l’esistenza delle “ragionevoli alternative” all’adozione dell’annunciato provvedimento acquisitivo, prima fra tutte la restituzione del bene (Corte cost. n. 71/2015).

Sentenza

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